TASSAZIONE PLUSVALENZE E RECUPERO MINUSVALENZE

Il fisco italiano NON è amico dell’investitore e credo che questa affermazione non sorprenda i lettori.

Non è amico per diversi motivi.

In primis, le aliquote di tassazione sugli utili generati dagli investimenti sono cresciute dal 12,5% al 20% ed infine all’attuale 26% nell’arco di pochi anni (la tassazione sui Titoli di Stato è invece rimasta ferma al 12,5%).

Inoltre nel 2012 è stata introdotta la cosiddetta “imposta di bollo”, cioè una minipatrimoniale dello 0,20% annuo sul controvalore del patrimonio investito in attività finanziarie (non tutte le attività ma quasi).

Le aliquote si sono mosse al rialzo e non è detto che non possano salire ancora in futuro.

Un altro aspetto più sottile ma insidioso previsto dal fisco per penalizzare i risparmiatori è il seguente: quando un investitore vende uno strumento in perdita, la minusvalenza che si genera può essere utilizzata per compensare i futuri guadagni MA solo per un periodo limitato: l’anno in cui è stata generata e nei quattro anni solari successivi. Le minusvalenze hanno una scadenza, dopo la quale vengono cancellate.

Attenzione: non tutte le plusvalenze possono essere compensate con le minusvalenze pregresse!
E qui sta il capolavoro del nostro Testo Unico Imposte sui Redditi, quando distingue tra:

  • REDDITI DIVERSI
    sono le plusvalenze generate da azioni, obbligazioni, derivati, certificati, ETC, ETN e sono compensabili con le minusvalenze.

  • REDDITI DI CAPITALE
    sono considerati come meno “aleatori” rispetto ai redditi diversi e quindi su questi la tassazione è sempre dovuta.
    Rientrano in questa categoria le cedole dei titoli obbligazionari e i dividendi sui titoli azionari. Questi redditi NON sono compensabili con le minusvalenze pregresse. Purtroppo il fisco fa rientrare in questa categoria anche le plusvalenze su Fondi Comuni / Sicav / ETF cioè i prodotti più diffusi tra i risparmiatori con la conseguenza che sugli utili ottenuti su questi prodotti verranno sempre pagate le tasse sul capital gain, anche in presenza di minusvalenze pregresse.

Siamo di fronte ad una sorta di paradosso.
Un investitore che vende le azioni Apple, Amazon o Microsoft può compensare gli utili realizzati con le minusvalenze. Se lo stesso investitore vende, ad esempio, un ETF sull’indice S&P500 non può compensare gli utili con le perdite pregresse e sarà costretto a pagare sempre la tassa sul capital gain. Sembra che il governo abbia intenzione di porre un rimedio a questa “anomalia”. Ce lo auguriamo tutti, anche perché questo è un problema arcinoto ma sul quale finora non è intervenuto nessun legislatore.

Cosa può fare l’investitore per gestire al meglio la questione delle minusvalenze?

Verso la fine di ogni anno è opportuno controllare la “posizione fiscale” presso la propria banca. Se ci sono delle minusvalenze in scadenza si può controllare la presenza in portafoglio di strumenti in positivo che generano “redditi diversi”. Questi strumenti possono essere venduti e riacquistati a partire dal giorno successivo in modo che la plusvalenza venga compensata con la minusvalenza pregressa.

Esiste poi il tema dello spostamento in avanti delle minusvalenze attraverso la compravendita di certificati aventi una struttura particolare (i cosiddetti maxi-coupon). Attenzione: NON si recupera la minusvalenza ma la si sposta in avanti in modo da non farla scadere ed avere più tempo per recuperarla. Non è possibile svolgere questa attività in qualsiasi banca, ma solo presso quegli istituti che operano la cosiddetta “compensazione immediata” dei redditi provenienti dai certificati.

Consiglio ai lettori di rivolgersi ad un Consulente Finanziario Indipendente per avere un supporto in questa attività che, come avete potuto capire leggendo questo articolo, presenta delle complessità.

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