ESPERIMENTO FIDELITY
Come si comporta un portafoglio non gestito per diversi anni?
Conviene ribilanciare i portafogli?
Fare market timing?
Oppure meglio stare fermi?
In diverse occasioni abbiamo ricordato la ricerca di FIDELITY secondo la quale i portafogli che non venivano movimentati, per vari motivi, presentavano i rendimenti migliori.
Una spiegazione di questo fenomeno è dovuta al fatto che i portafogli “dimenticati” non sono soggetti agli errori comportamentali a cui vanno incontro gli investitori: principalmente le vendite sui ribassi in fasi di panico e, viceversa, gli acquisti a caro prezzo nei momenti di euforia.
Poco tempo fa è tornata a trovarci una persona che aveva interrotto la collaborazione con noi nel 2014 e che ora manifestava l’interesse a riprenderla. Avendo ancora i dati storici nel nostro software, abbiamo predisposto un Report del suo Portafoglio aggiornato alla data dell’incontro con i pro e i contro di un portafoglio non movimentato per quasi 9 anni (titoli scaduti e non reinvestiti per esempio). Quando l’ha visto ha sgranato gli occhi ed ha chiesto se poteva tenerlo. L’immagine del grafico illustra l’andamento nel tempo di quel portafoglio “intoccato” per ben 9 anni (ultimo dato al 31 gennaio 2023).
portafoglio “intoccato” per 9 anni
A questo punto si dovrebbero introdurre argomenti tipo il confronto con un benchmark, l’allocazione azionario / obbligazionario / alternativi, lo Sharpe Ratio e altre amenità tipiche del risparmio gestito.
Non è questo che ci interessa. Quello che è importante evidenziare è che con un portafoglio ben impostato fin dalla partenza si possono ottenere dei buoni risultati anche senza fare nulla, superando anche periodi molto difficili (Covid nel 2020, guerra in Ucraina ed inflazione nel 2022).
Abbiamo cercato altri esempi nel nostro database ed abbiamo trovato casi analoghi su orizzonti temporali diversi.
Gli andamenti sono simili, con risultati migliori o peggiori rispetto all’esempio illustrato in precedenza a seconda della composizione del portafoglio.
Ne riportiamo un paio di seguito a scopo illustrativo. nel tempo.
Vogliamo con questo dire che non bisogna mai movimentare i portafogli o non mettere in pratica tecniche di gestione attiva? No.
Oppure che i portafogli “dimenticati” rendono sempre di più dei portafogli gestiti? No.
Però è giusto riflettere su alcuni punti. E’ utile tentare il market timing? Oppure impiegare l’analisi tecnica? Oppure mettere in atto strategie di take-profit o stop-loss a protezione del portafoglio? Sono questioni molto dibattute.
Noi siamo convinti che sia molto difficile, se non quasi impossibile, implementare queste strategie in maniera costante e redditizia.
Il mercato è imprevedibile.
Chi cerca di convincervi che è in possesso di qualche metodo per anticipare i movimenti del mercato sa benissimo che i suoi strumenti non funzionano, perché se funzionassero veramente non sarebbe lì a venderveli a 49,99 euro l’anno promettendo risultati clamorosi che evidentemente non riesce ad ottenere nemmeno per sé.
Abbiamo esaminato in questi mesi alcuni dossier di gestioni cosiddette “attive” dai risultati molto negativi, anche se confrontate con benchmark di mercato. Esistono sicuramente delle gestioni attive dai buoni risultati ma si tratta di eccezioni, di solito per brevi periodi e molto spesso si tratta di gestioni non disponibili ad un grande pubblico.
Tempo fa andava in onda la pubblicità di una società di gestione (controllata da un paio di grandi gruppi finanziari) in cui un attore chiedeva all’altro se il suo consulente “gestiva la volatilità”. È meglio se non la gestisce, ci viene da suggerire, perché rischia di peggiorare i rendimenti.
“Sit on your ass” direbbe Charlie Munger, a patto che il portafoglio sia ben impostato come indicato sopra. Se invece il portafoglio è investito in prodotti con un total expense ratio del 2% – 3% annuo allora lo stare seduto comporta un grande danno economico.
Howard Marks racconta che un tempo, tra i gestori azionari, si era soliti dire che il proprio fondo nel lungo periodo avrebbe reso circa il 10% annuo, composto da un +7% del mercato ed un +3% della gestione attiva (creazione di cosiddetto “alpha”). Marks osserva che ultimamente sul mercato si assiste il più delle volte a distruzione di alpha piuttosto che creazione, cioè la gestione attiva fornisce un contributo negativo al rendimento dei portafogli.
Si apre anche un’importante domanda. E’ giusto pagare un consulente “per non fare nulla” ? La risposta è sì, soprattutto se i risultati sono quelli delle immagini viste sopra.
Il consulente non deve essere pagato per la movimentazione che mette in atto (peraltro non è neanche difficile movimentare un portafoglio di frequente se proprio lo si vuole), ma per i risultati di lungo termine che consegue e per l’assistenza che offre al cliente nella gestione del patrimonio.
Il patrimonio va impostato bene fin dalla partenza, costruito con strumenti efficienti ed a basso costo e poi va lasciato maturare rendimenti. E ci vuole pazienza, l’ingrediente fondamentale che molti fanno fatica ad introdurre nella propria ricetta.
RACCOMANDAZIONI GENERALI
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